In vigna non sempre la neve è male


Penisola alle prese con catene da montare, riscaldamento in tilt e pericolo valanghe. Eppure in alcuni casi il mondo del vino, anche nelle regioni più colpite dal maltempo negli ultimi dieci giorni, la neve l'aspettava proprio. Mentre Coldiretti calcola i danni al settore agroalimentare e al centro gli olivicoltori sono molto preoccupati, alcuni vigneron spiegano che ci sono per la vite aspetti positivi.

C'è l'Italia alle prese con catene da montare, riscaldamento in panne, isolamento e pericolo valanghe. E c'è il mondo del vino che, anche nelle regioni più colpite dal maltempo negli ultimi dieci giorni, la neve l'aspettava proprio. "Dopo un autunno asciutto in misura anomala, abbiamo bisogno di acqua e la neve non dà danni alla vite" ha detto Filippo Antonelli, uno degli artefici del successo del Sagrantino di Montefalco durante l'incontro "Life of wine - viaggio nelle etàdel vino", che si è tenuto a Palazzo Rospigliosi a Roma.

In vigna - ha precisato il produttore umbro - è tutto fermo, e il gelo disinfetta le colture dagli insetti che riescono a svernare. Gelo che fortunatamente non è arrivato in maniera repentina come avvenne nel '56, e quindi anche gli ulivi in Umbria dovrebbero resistere. Per la vite siamo in fase di fermo o di potatura: nelle vigne migliori, i cru, è un'operazione che si tende a far per ultimo, per far sì che vegetino il più tardi possibile e si salvino dalle gelate primaverili, che per un vignaiolo sono le più pericolose".

Un atteggiamento decisamente diverso da quanti invece hanno riportato e riporteranno ingenti dalle dalle condizioni meteo.
"Le temperature siberiane al centro sud colpiscono cento milioni di piante di ulivo, una coltura mediterranea che per sopravvivere necessita di un clima relativamente mite anche d'inverno, soprattutto senza grosse escursioni termiche" fa sapere  Coldiretti, allarmata per gli effetti drammatici del protrarsi del maltempo sulla coltivazione piuù rappresentativa del paesaggio nazionale e della dieta mediterranea.
"Le temperature al di sotto dei dieci gradi - sostiene  Coldiretti - fanno strage degli ulivi al pari di quanto è avvenuto con le gelate del 1985 e fanno salire in modo esponenziale il conto dei danni subiti dall’agroalimentare nazionale che hanno già raggiunto mezzo miliardo di euro lungo tutta la filiera (agricoltura, industria alimentare, distribuzione, trasporti, ecc), pari ad un terzo delle perdite subite dall’intero sistema produttivo".
Volendo schematizzare la capacità media delle piante al freddo, gli esperti indicano che il pericolo è concreto da –3 a –5 gradi centigradi per gli agrumi, da -10 -12 per l’ulivo, da –16-18 per la vite, da –18-22 per drupacee quali ciliegio, albicocco e mandorlo, da-22 a-25 per le pomacee, quali per e melo. I danni alle piante, che potranno essere verificati definitivamente solo nei prossimi giorni, sono destinati a compromettere le produzioni nel tempo poiché - precisa la  Coldiretti - occorrono anni prima che si possa sostituire la pianta e che quella nuova inizi a produrre. Le temperature di -23 gradi che sono state raggiunte nel 1985 hanno compromesso il 90 per cento degli ulivi toscani, ma danni superiori al 50 per cento si sono verificati in Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Molise e Basilicata.

Ma appunto le temperature registrate fin ora non preoccupato tutti i vigneron. Sui Colli Bolognesi, il produttore vitivinicolo Giorgio Erioli a Bazzano ha addirittura festeggiato. La neve "è indispensabile, dovrebbe venire tutti gli inverni per rimpinguare le falde - dice il produttore - perché, al contrario della pioggia, penetra il terreno lentamente, fa selezione d'insetti, purifica l'aria, e toglie l'inquinamento. Da noi l'ultima pioggia risale a luglio, nel sottosuolo non c'era più acqua e ci ha fatto piacere l'arrivo della neve. Il gelo per la vite diventa problematico a partire dai -16/18 gradi centigradi, a -20 è la disfatta".

"Una volta le nevicate erano più frequenti gli fa eco Marco Moroder, 27enne viticoltore marchigiano, sotto il Conero - e ad Ancona ha fatto storia il 'nevo' del 1985. In questi giorni abbiamo bissato quel nevo ma il vitigno Montepulciano si è dimostrato forte. Per giorni nessun enoturista ha varcato la soglia della cantina, il ristorante è rimasto chiuso per la prima volta in 13 anni, il pino marittimo di 300 anni che campeggia in azienda ha perso un bel ramo. Oggi è tutto più sereno, l'albero si salverà".

Guarda invece innevare coi cannoni, la cantina più a Nord d'Italia, St. Michael-Eppan, che lamenta poca neve in una città vocata per sport invernali. In vigna potature no stop, conclude Hans Terzer, si parte solo più tardi per l'eccessivo freddo. (da l'Espresso food&wine)

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